Questa mattina i lavoratori del Consorzio Unico di Bacino, appartenenti al gruppo dei SiCobas di Acerra sono tornati nuovamente a manifestare dopo la protesta shock di giovedì scorso, quando occuparono il tetto della Galleria Umberto di Napoli.
Stamane la protesa si è spostata a Santa Maria Capua Vetere, precisamente dinanzi l’ingresso del Tribunale. Una scelta fatta non a caso, ma bensì con una precisa intenzione. Innanzitutto Santa Maria Capua Vetere è la città del commissario liquidatore Francescopaolo Ventriglia. Inoltre è a pochi chilometri dalla città di Curti, dove ha sede il Consorzio Unico di Bacino Napoli-Caserta. Il tribunale poi è stato scelto perchè è la sede della Giustizia, ed è proprio Giustizia che chiedono i lavoratori sottoposti da anni ad una vita precaria, senza sicurezze, stipendi e contributi. Destinati a dover manifestare e lottare anche per ottenere solo la parvenza di qualcosa che assomiglia ad una vita dignitosa.
La protesta
Per questo motivo Giovanni D’Errico si è incatenato simbolicamente all’ingresso del Tribunale. Sul posto sono giunti naturalmente gli agenti della Polizia di Stato che lo hanno invitato a terminare la manifestazione. Giovanni ha spiegato loro che non si può continuare a vivere in questo modo, soprattutto quando poi diverse negligenze ed ingiustizie vengono messe in atto ai loro danni.
In particolare Giovanni recrimina sulla mancanza di stabilizzazione, visto che al momento stanno lavorando con un progetto messo in campo dalla Regine Campania e che dovrebbe terminare a breve, con uno stipendio di poco meno di mille euro. Nel mirino ci sono anche la SapNa e l’Asia, due delel aziende che hanno preso in carico alcune centinaia di lavoratori, e che al momento non sembrano interessati ad assumerli in pianta stabile, nonostante l’esperienza maturata. Al contrario sarebbe stata data priorità ad altri lavoratori, senza capirne il criterio utilizzato.
“Noi non siamo contro le assunzione, assolutamente. Ma siamo contro il clientelismo. La Sapna sta assumendo senza prima avere un tavolo con le parti in causa. Si sentono padroni, ma noi vorremmo che adottassero alcuni criteri condivisibili. Non è possibile che si decide da soli“: queste le parole di Giovanni D’Errico.
La protesta è terminata dopo poco e Giovanni è stato trasportato in Questura per l’identificazione di rito.