L’ondata di gelo che si è appena abbattuta sull’Italia, coprendo di neve il Centro Italia fino a Napoli, è stata spiegata con l’arrivo di Buran. Questo vento gelido soffia in genere sulle pianure della Siberia, verso Nord-Est. Altri studiosi e ricercatori hanno concluso invece che la massa d’aria fredda sia arrivata direttamente dall’Artico. Qualunque sia la ragione, i cambiamenti climatici degli ultimi anni non fanno che intensificare i nostri dubbi sulla reale situazione del nostro pianeta. In Before the Flood, il meteorologo Piers Sellers spiega all’attore Leonardo Di Caprio che il cambiamento climatico non si manifesterà solo in un aumento delle temperature mondiali. L’Europa, al contrario, in conseguenza al riscaldamento globale, sarà completamente investita da masse d’aria gelide che porteranno ad un repentino calo delle temperature.
Cosa sappiamo dei cambiamenti climatici? Risponde Netflix
A risponderci non sono i governi mondiali, le istituzioni o i nostri leader, ma Netflix. Proprio ultimamente la piattaforma ha inserito nel suo catalogo il documentario mozzafiato del 2016 “Before the Flood” (Punto di non ritorno). Prodotto e presentato da Leonardo Di Caprio, e diretto da Fisher Stevens. L’acclamato attore, per chi non lo sapesse, è dal 2014 ambasciatore Onu contro i cambiamenti climatici, con la nomina di “messaggero di pace”.
Di Caprio, infatti, è da anni un attivista impegnato nelle cause di prevenzione del disastro ambientale. Ha inoltre dato vita alla fondazione Leonardo Di Caprio, per la protezione delle aree del nostro pianeta ancora selvagge.
Before the Flood
Il toccante documentario è stato girato in due anni, spesi al seguito dei viaggi che l’attore ha compiuto intorno al mondo. Lo scopo era quello di vedere con i propri occhi i disastrosi esiti che l’attività umana sta provocando, in zone che avremmo invece dovuto tutelare e proteggere. Questo il messaggio che Leonardo Di Caprio spera di far arrivare al mondo intero, cercando di aprire gli occhi agli abitanti della terra riguardo la reale situazione del loro mondo.
Leonardo Di Caprio in giro per il mondo
Partendo da New York, dove partecipa al summit Onu sul clima, Leonardo si dirige ad Alberta (Canada). Qui scopre che intere foreste sono state spazzate via, per far spazio a immense piattaforme per l’estrazione e la lavorazione delle sabbie bituminose (un tipo di petrolio sintetico).
Si dirige poi al Circolo Artico, dove ha l’opportunità di constatare di persona lo stato in cui versano i ghiacciai. Il suolo della calotta polare si è ridotta di circa 9 metri in soli due anni. Lo scioglimento sta portando a uno spaventoso innalzamento del livello del mare in tutto il mondo.
Per questo motivo si reca subito dopo a Miami (Florida), dove la zona costiera è completamente inondata dall’acqua. Miami, una delle città più popolari al mondo, rischia di scomparire, ricoperta dal mare. Il sindaco Phillip Levine, intervistato da Leonardo Di Caprio, rivela dei circa 40 milioni di dollari che la città ha investito per proteggersi. Parte dei fondi, per esempio, è stata utilizzata per l’innalzamento delle strade nella zona costiera. Questi interventi tuttavia regaleranno ai suoi abitanti solo 50 anni di tempo in più prima dell’inevitabile disastro.
La tappa successiva vede il nostro attore in Cina, dove le migliaia di fabbriche, sparse in tutta la nazione, contribuiscono all’aggravamento degli “smoggy skies” (i cieli fumosi). Qui le persone sono costrette a proteggersi indossando mascherine in ogni momento. A New Delhi (India), Di Caprio scopre che 300 milioni di persone vivono senza elettricità. Si tratta di un diritto primario di ogni essere umano. Ma cosa succederebbe se dovessimo aumentare la produzione di energia elettrica per estenderne l’uso?
La Barriera Corallina e le foreste pluviali
Le successive tappe non fanno che peggiorare le percezioni dell’attore, mostrando una Barriera Corallina quasi completamente morta. Questa è stata infatti privata della biodiversità e delle specie che la rendevano un’attrazione unica al mondo. A Sumatra (Indonesia), invece, i coltivatori di palme da olio bruciano quotidianamente intere sezioni di una delle ultime foreste pluviali che ospitava rinoceronti, elefanti, orango-tango e tigri. Tutto ciò per far spazio alla propria impresa.
Proprio queste foreste rappresentano l’unico ecosistema in grado di garantirci un’azione da “lavandino” purificando l’aria che respiriamo, sempre più inquinata.
La reticenza dei governi
Insomma, il quadro è pessimo, e a peggiorare la situazione è il silenzio di capi di stato e leader, che non si preoccupano di dare ai propri cittadini un resoconto veritiero della situazione. Leonardo Di Caprio affronta in questo senso la questione della reticenza dei nostro governi, che preferiscono non opporsi agli interessi delle grandi multinazionali e le grandi aziende. Di Caprio stesso ha il coraggio di nominare queste aziende all’interno del documentario. Queste aziende guadagnano sempre di più grazie alla produzione di elettricità, petrolio, e carburante, senza preoccuparsi del loro immenso contributo all’imminente disastro ambientale. La produzione di queste forme di energia è basata interamente, infatti, sulla combustione del carbon fossile, principale responsabile del cambiamento climatico a livello globale, insieme alla deforestazione.
Le soluzioni
Ma Before the Flood non si limita a darci un quadro dei cambiamenti climatici in atto. Anzi, l’intero staff si impegna a farci capire che le soluzioni ci sono, e che siamo noi a doverle attuare.
“L’unica cosa che possiamo fare è controllare le nostre azioni future, cambiare stile di vita, moderare i consumi, partecipare alla vita pubblica e usare il voto per comunicare ai nostri politici che siamo a conoscenza della verità sui cambiamenti climatici“
Queste le parole del toccante discorso tenuto da Leonardo Di Caprio alla Conferenza sul Clima di Parigi nel 2015. Sostenibilità, un uso più responsabile del nostro voto, la produzione di forme di energia rinnovabili, e la Carbon Tax (la proposta del pagamento di una tassa sulla combustione del carbone, che la stessa produzione del documentario si è impegnata a pagare), sono solo alcune delle possibili soluzioni che il documentario ci propone. È il momento di chiederci, dunque, cosa fare per risanare la situazione in tempo, ed assumerci le nostre responsabilità.
«è il momento di mettere da parte le reticenze, le scuse, le infinite ricerche. Rappresentiamo l’ultima speranza della Terra. È nostro dovere proteggerla, o per noi e per tutte le forme di vita che la popolano, è la fine».
di Gina Uliveto