Questa mattina è stata arrestata anche la madre del piccolo Giuseppe, il bimbo ucciso a botte dal patrigno e compagno della donna, Tony Essobti Badre. La 30enne di Massa Lubrense, viveva insieme all’uomo e ai figli a Cardito, dove poi il piccolo è stato ucciso. Ferita anche la sorellina, colpita anche lei dalla violenza del patrigno.
Le accuse
Valentina Caso, questo il nome della trentenne, è stata arrestata dalla Polizia dopo due mesi di indagini sulla vicenda, portate avanti dalla Procura di Napoli Nord. È gravemente indiziata dei reati di omicidio aggravato dai futili motivi, dalla crudeltà e dall’abuso delle relazioni domestiche, nei confronti del figlio Giuseppe, di tentato omicidio aggravato dalle medesime circostanze nei confronti della figlia N. e di maltrattamento aggravato nei confronti dei tre figli.
I motivi dell’arresto
La donna non avrebbe allertato immediatamente i soccorsi, né in precedenza avrebbe tentato di evitare che il compagno si accanisse sui due bambini. Inoltre avrebbe fatto sparire le macchie di sangue e gettato nella spazzatura le ciocche di capelli che Badre ha strappato con violenza alla figlia piccola. Inoltre non ha riferito nei primi momenti dopo la morte del piccolo, che a compiere tale violenza sia stato il compagno. Nei primi giorni successivi al tragico episodio la donna provò a discolparsi affermando di essere entrata in uno stato di shock che l’avrebbe praticamente immobilizzata.
Una situazione da incubo
Nel corso delle indagini sono state raccolte diverse testimonianze tra i vicini di casa e gli insegnanti che quotidianamente vedevano i bambini. Questi avrebbero confermato che in più occasioni i piccoli riportavano evidenti tumefazioni ed molteplici lividi, sia sul volto che sul corpo. Inoltre così come riferisce la Procura di Napoli Nord, i bimbi sembravano come abbandonanti a loro stessi, poco curati e costretti a non giocare nel cortile di casa. Inoltre non potevano parlare con i vicini.
Un quadro chiaro che evidenzia la condizione in cui i piccoli erano costretti a vivere. naturalmente a seguito di questa constatazione emerge una domanda: come’è possibile che nessuno abbia mai denunciato né alle Forze dell’ordine né agli assistenti sociali questa situazione?