Inizia la seconda fase del Reddito di Cittadinanza che prevede l’impiego dei beneficiari in progetti coordinati dal proprio comune di residenza.
A prevederlo è il decreto del ministero del Lavoro entrato in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’8 gennaio 2020. Il decreto stabilisce che i beneficiari del sussidio dovranno dare la propria disponibilità, nell’ambito del Patto per il lavoro e del Patto per l’inclusione sociale, a partecipare ad una serie di progetti di pubblica utilità. Nel caso di mancata adesione al Patto di uno dei componenti del nucleo familiare beneficiario del Reddito, si perderà il diritto al sussidio. L’impegno previsto è di otto ore settimanali, che possono arrivare fino a sedici ore.
Come saranno distribuite le ore?
La pianificazione delle ore può essere distribuita in più giorni, o anche in alcuni periodi del mese. L’importante è che si compiano le ore prestabilite, e nel caso in cui non si fosse riuscito a raggiungerle, ci sarà la possibilità di recuperale nel mese successivo.
In cosa possono essere impiegati i beneficiari del Reddito di Cittadinanza?
Giusto sottolineare che queste ore non saranno retribuite, in quanto non si tratta di un lavoro, ma di una partecipazione ad una serie di progetti. I beneficiari non potranno essere impiegati in sostituzione al personale dipendente del Comune. Il oro compito sarà invece quello di dare un supporto alle attività lavorative. Potranno fungere anche da supporto per alcune attività ausiliarie, come il servizio di accompagnamento e quello di compagnia per gli anziani.
Gli esonerati
Non tutti i beneficiari del Reddito di Cittadinanza dovranno però prendere parte ai progetti. Tra le categorie esonerate dall’impegno ci sono:
- gli occupati con reddito da lavoro dipendente superiore a 8.145 euro o autonomo superiore a 4.800 euro;
- gli studenti;
- i beneficiari della pensione di cittadinanza;
- gli over 65;
- le persone con disabilità;
- i componenti della famiglia che hanno carichi di cura verso bambini piccoli o disabili.